“It feels like you are from all over the world”
(jhope, Live on Weverse, 13.07.2025)
E non ti sei sbagliato Hobi, al Lollapalooza di Berlino, c’erano army che venivano da ogni parte del mondo, tra questi c’ero pure io. Quando ho comprato il biglietto ero incredula, non sapevo ancora se sarei riuscita ad andarci o meno e, più passavano i giorni, più mi rendevo conto che stava diventando reale. Ho aspettato fino quasi all’ultimo per prenotare volo e albergo ma soprattutto farmi un programma di viaggio serio. Perché Berlino vale una messa.
È una città particolare che vale la pena di esser visitata almeno una volta, specie dopo che hai capito come muoverti dentro la stazione centrale, la differenza tra la metro U e S e i biglietti AB e ABC (spoiler: ABC copre tutto) ma, soprattutto, riesci ad uscire dalla stessa parte in cui sei entrata. Non starò qui ad elencarvi il mio itinerario, cosa ho visto in un sabato piovoso a Berlino mentre Hobi faceva capolino al festival per guardare le esibizioni delle IVE, Gracie Abrams, Justin Timberlake e gli ARMY internazionali mi fermavano per strada per regalarmi gadgets realizzati manualmente da loro stessi.
Vi dico solo che l’app sul cellullare segnava il traguardo dei 24mila passi e i miei piedi intonavano Killin’It Girl, una volta raggiunto il letto in albergo. Non vi racconterò neanche i dettagli della mia cena a base di wurstel, patatine e ketchup davanti ad un bambino che stava mangiando la stessa cosa ma con un cappuccino come bevanda. La mia testa urlava Chicken Noodle Soup with a Soda on the side ma anche sulla testa del padre del bambino.
Lo so, probabilmente vi starete chiedendo dove io stia andando a parare ma, credetemi, questa premessa è necessaria per capire lo stato psico-fisico con il quale mi sono svegliata il giorno dopo, in una Berlino ancora piovosa.
Armata di k-way purple, maglioncino conficcato in una tasca dello stesso perché la temperatura esterna viaggiava tra i 15 e 18 gradi ad andare bene, insomma pronta ad affrontare qualsiasi tipo di meteo, grazie anche ai leggings che avevo avuto la prontezza di infilare nello zaino per il viaggio, mi sono diretta verso la stazione centrale. Qui ho fatto il primo acquisto intelligente della giornata: un pacchetto di caramelle per la gola, nascosto nell’altra tasca. E che ci frega a noi?
Lo scoprirete a breve perché questo articolo mira anche a darvi delle dritte per sopravvivere ad un festival dove non potete portare ombrelli, cibo o bevande, e per pagare dovete usare l’app che avete configurato a casa. Le ultime parole famose.
In tutto questo mi dirigo in metro verso l’Olympiastadion di Berlino, inaugurato in occasione dei tristemente noti Giochi Olimpici del 1936 e che ha visto anche l’Italia diventare campione del mondo per ben due volte (nel 1936 e nel 2006). A posteriori, ho definito il Lollapalooza come il luogo in cui la musica è riuscita ad oltrepassare i confini geografici, storici e le barriere linguistiche con persone che sono arrivate da tutto il mondo, di colore, nazionalità e religioni diverse. Tutte riunite in nome della musica in un posto progettato per celebrare il trionfo di una razza superiore che ha visto invece vincere l’unione di più voci, pronte a cantare, ridere e scherzare, l’una a fianco all’altra, gridando a gran voce: jhope, we wanna party.
Nel caso in cui vogliate partecipare ad un festival del genere con il biglietto very povery ossia quello più economico, mettetevi in fila abbastanza presto. Io sono arrivata in loco che erano circa le 9:30 del mattino, sono rimasta ad aspettare fino alle 11 quando hanno aperto i cancelli e si è scatenato il finimondo. È partita infatti la corsa verso il palco principale ma alcuni si sono fermati prima verso gli stand con il merch ufficiale e altri verso quelli che vendevano cibo. Io rientro tra questi ma ho dovuto litigare con l’app e la carta di credito che non riuscivano a “comunicare”.
Morale? Mi sono arresa e sono corsa verso il palco, finendo dentro il secondo blocco che non aveva cibarie ma la garanzia dei bagni e soprattutto un buon punto di vista. Da non sottovalutare neanche i rivenditori che passavano con gelati, bicchieri di prosecco e fragole che la sottoscritta ha confuso in prima battuta per una macedonia e ha comunque trangugiato per riuscire a metter qualcosa nello stomaco, oltre alle caramelle.
La pioggerella che ha accompagnato la folla nelle prime ore del giorno si è interrotta all’improvviso, lasciando spazio al sole e allo spettacolo che stava per entrare in scena, con la prima band, i Juli, gruppo tedesco di alternative pop. Non male anche se ho preferito di gran lunga Ronis Goliath, artista camerunense ma naturalizzato tedesco, che ha sostituito all’ultimo chi ha dato forfait. Con la sua verve è riuscito a conquistare tutti, tra un APT e il grido “Ronis, we wanna party” che gli ARMY hanno reso proprio.
Ad ogni esibizione seguiva un intervallo per permettere ad altri artisti di esibirsi anche nel secondo palco ed in questi spazi, ne abbiamo approfittato per sederci per terra e scambiare battute con chi era al nostro fianco. Mi sono ritrovata per caso vicino ad una ragazza russa che parlava inglese ed italiano, avendo studiato nel nostro paese.
Ed è qui che nasce la magia degli ARMY e dei concerti: anche se sei da solo/a, in realtà non lo sei mai, perché trovi sempre qualcuno con cui parlare della tua passione. E mentre aspettavamo jhope, guardando artisti come i Ca7riel&Paco Amoroso, gruppo trap (che onestamente all’inizio mi sembrano usciti da Zoolander) e Benson Boone (la sua performance è stata incredibile), ci siamo ritrovate a cantare Raffaella Carrà sotto lo sguardo attonito di army internazionali che non capivano.
Poi è arrivato il momento, quello per cui 60000 persone erano arrivate fino a lì e su weverse si apriva la diretta mentre il palco si tingeva di rosso. Quel rosso di Hope on the stage.
Non so come riuscire a spiegare l’emozione di vedere Hobi dal vivo, io ho capito di esser diventata un’ARMY quando mi sono alzata alle 3 di notte per vederlo in diretta all’Hobipalooza di Chicago nel 2022, su weverse. E ora ero andata a Berlino con la speranza di riuscire anche solo a sentirlo nel mezzo della massa. Non so come, sono riuscita a trovarmi una buona postazione e mi sono goduta un concerto eccezionale.
Partendo dal Music Box:Reflection che ha introdotto la parte relativa a Jack in the Box, con What If, Pandora’s Box, Arson e More, Hobi ha dominato la scena, mangiato il pubblico con il suo carisma, la sua voce e musica spettacolare. Era incredulo davanti a quel pubblico di ARMY che hanno cantato con lui On The Street, Lock/Unlock, I wonder e Just Dance ma soprattutto Killin’It Girl, MonaLisa e Sweet Dreams (ft. Miguel, FNZ Remix) mentre calava la sera sulla città e i fan tiravano fuori i cuoricini viola.
Questo è stato un progetto realizzato dalla fanbase tedesca che ha scaldato il cuore di Hobi e degli ARMY che come me erano arrivati impreparati, senza lightstick o cartelloni ma avevano tra le mani quel cuoricino che rappresentava tutto.
Si è passati poi a BaseLine e Hansang, fino a Mic Drop. Ora, se avete seguito il concerto sapete di cosa parlo, se avete visto jhope al Gala des Piece pure. Sulle note di questo pezzo, tutti gli army hanno canto Mianhae Eomma (scusa mamma).
Scusa mamma se seguo un gruppo di ragazzi che mi hanno cambiato la vita con la loro musica e mi hanno resa felice.
jhope era incredulo e strafelice di sentire cantare i fan in coreano, gridargli saranghè e lasciarlo parlare nella sua lingua originale. Non avremo capito quasi nulla del discorso ma l’emozione che è riuscito a trasmettere è stata incredibile (e sì, dopo sono andata a recuperare cosa ha detto su weverse).
Per il medley BTS, oltre a Mic Drop, ci sono stati pure Dynamite (tropical version) e Butter (Hotter Remix). Hobi ha proseguito poi con Ego, Daydream, Chicken Noodle Soup e Hope World. Mentre temevamo che lo spettacolo stesse finendo, è arrivato l’encore con Equal Sign, Future e Neuron, in un trionfo di fuochi d’artificio.
È stato un concerto straordinario e, anche se sono arrivata in albergo con le gambe che mi reggevano a malapena, un buco nello stomaco senza fine e con l’aereo in ritardo il giorno dopo, ne è valsa la pena perché sentire Hobi dire I wanted to meet ARMY in Europe (volevo incontrare gli ARMY in Europa) ha ripagato di tutto. Sentire la sua voce, vedere la sua felicità, emozionarmi con lui e gli altri army al mio fianco, ritrovarmi in aereo a parlare con altre fan di ogni età -da ragazzine che mi hanno chiamata amio e persone che mi seguono qui sul blog- è stato un viaggio memorabile.
Mianhae Eomma ma sono felice.
E voi…avete visto il concerto dal vivo o su weverse in compagnia di Jimin e V? Quale pezzo vi ha emozionato di più?
Fatemelo sapere qui e nei commenti su IG! Vi lascio con More che anche dal vivo resta uno dei miei pezzi preferiti di sempre e poi…perché voglio ancora di più!
Lor
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